DOPO LA PIOGGIA
1. Il voto è come prendere la temperatura: finite le chiacchiere, vediamo come sta davvero il paese. Nessuna sorpresa: sta male. Chi legga la nostra rubrica “Catalogo del declino” (solo fatti, cifre, nessun commento), chi parli con le persone in casa o per strada, già sa che chi protesta e si oppone ha vita facile e raccoglie consensi. Molti non lo capivano e aggiravano l’ostacolo proponendo un’altra storia, sostituendo alla realtà la propria “narrazione”. Un gioco che può funzionare per un giro ma mai alla lunga, e così è andato diritto allo sfascio.
Adesso si continua sulla stessa strada. L’Italia “responsabile” s’indigna di cosa? Che gli elettori del centro-destra non abbiano premiato Berlusconi rispetto a Salvini? Che non abbiano creduto all’accozzaglia dei moderati? Che chi tira la cinghia non abbia votato il PD (tutto, perché è troppo facile scaricare tutte le colpe su Matteo Renzi, come se fosse estato a capo di una macchina che non se lo è tenuto stretto e non lo ha riverito in attesa ciascuno di avere la sua parte di potere)?
Gli italiani già conoscono da tempo, Berlusconi, e hanno avuto modo di mandare più di una volta alcuni segnali inequivocabili a Mattero Renzi (sin dal referendum delle trivelle). I diretti interessati potevano facilmente porre rimedio e presentare altri profili, e invece no.
Stanchi di essere presi per le mele, gli italiani si sono rivolti a chi c’era sul mercato. Senza per questo sposare tutte le tesi dure e pure della lega (che intanto ha eletto il suo senatore africano), e senza credere a tutte le promesse a cinque stelle.
2. Tra gli sconfitti ci siamo in prima linea anche noi: europeisti e liberaldemocratici. La nostra parte politica esce male perché era arrivata male a queste elezioni. Un anno fa si cercava di tessere le file per una proposta liberale, progressista, fuori dagli schieramenti, inclusiva, europeista. Ricordiamo bene quei mesi: all’inizio tutti contenti e disponibili. Poi uno a uno in molti si sono sfilati, per accordarsi con il potente protettore. Con le proprie bandiere sono rimasti in campo solo i radicali, che ci hanno provato fino in fondo, forti anche di mezzi che sembrano davvero straordinari. Ma senza il “campo largo” europeista e laico, e legati a quel centrosinistra, anche per PiùEuropa il risveglio è stato amaro. Così, di fatto nessuno ce l’ha fatta, dei tanti personaggi che avevamo incrociato nei mesi di Liberatalia; eppure sembravano tutti saperla più lunga. Verrebbe da dire: ben gli sta, ben ci sta.
3. E ora, dopo questa pioggia? Tutto difficile, e tutto facile. Perché le elezioni confermano quello che si sa e vale la pena ripetere: in Italia c’è bisogno di un partito nuovo, che abbia queste caratteristiche mica tanto difficili da capire. Ovvero:
– Una classe dirigente diffusa. Che superi il modello ormai stereotipo del leader incontestabile (perfino il M5S grillino pare averlo capito, visto che Di Maio certo non è il leader assoluto).
– Volti nuovi, perché ormai basta aver già assunto incarichi di una certa rilevanza per essere considerati superati, piaccia o non piaccia.
– Una comunicazione basata sulla verità della persuasione e non sulle balle della “retorica”.
– Regole ferree per limite al numero dei mandati, rapporti col territorio e moralità.
– Una proposta politica che parta dall’irrinunciabile rapporto con l’Europa come sola prospettiva di rilancio del paese, ma che tenga conto che l’Italia ha un disperato bisogno di giustizia e coesione sociale e di meccanismi di abbattimento di privilegi.
– Una serie di riforme non pasticciate, tutte tese senza compromessi a modernizzare e semplificare un paese ormai ingovernabile, che investano l’assetto dello stato, il fisco, la burocrazia, le tutele sul lavoro, e soprattutto la ristrutturazione di una spesa pubblica fuori controllo.
Non dovrebbe volerci molto per capire che l’Italia ha bisogno di questo. Eppure questa proposta politica manca (in passato, ci sono andati vicini la migliore IdV, o il generoso slancio di FiD, o le tradizioni nobili ma di gran lunga minoritarie come quelle repubblicane e radicali d’un tempo). Non sarai mai troppo tardi.
5. La si faccia finita con la politica del rancore e con quella della paura.
La prima è una vera miseria, non ha aiutato Renzi come non ha aiutato altri, come LeU.
La seconda è sempre in agguato, anche ora che è finita la campagna elettorale. Paura non più di Europa e di immigrati, ma rovesciata: paura della Lega o del M5S al governo.
Salvini si è dimostrato un leader molto più accorto di quanto è generalmente è stato accreditato, ha trasformato un partito e rottamato davvero un bel pezzo di classe dirigente, risollevandolo dopo scandali indicibili. Adesso dimostri di non essere il fascista che a volte ha voluto interpretare, e capisca che l’Italia, e in particolare il suo nord, è un pezzo non estrapolabile dell’Europa.
I cinque stelle hanno il peso del partito più votato. In una forza così vasta ci sta di tutto, perfino eletti in parlamento che già si erano segnalati con interrogazioni nelle quali chiedevano perché nei bilanci di previsione le entrate erano uguali alle uscite (proprio così). Ma che pone anche istanze tutt’altro che campate per aria, come diciamo da tempo – non a caso hanno ottenuto tanti voti. Il “movimento” votò per l’ingresso dell’ALDE, ora incassa perfino una sorta di via libera di Confindustria. Le cose cambiano e certe etichette possono rapidamente invecchiare.
Dunque, chi ha perso lo riconosca, ma non demonizzi l’avversario – non serve a nulla. Piuttosto a chi ha vinto si ricordi la responsabilità che gli spetta, in un quadro mondiale ed europeo che poco si presta alle ciance elettorali.
Perché i saltimbanchi elettorali si sono già esibiti, la temperatura del malato Italia è stata presa, e le borse europee tirano avanti come se niente fosse. Noi altri invece, Liberi Cittadini e liberi italiani, tiriamo avanti perché dobbiamo. Con la pazienza di chi alcune cose le deve mettere in conto, a partire dai risultati delle elezioni, e la determinazione a non rinunciare al proprio impegno.
ps 1
I sondaggi. Mai ne abbiamo letto uno che dava il M5S sopra il 30%, il PD sotto il 20, la Lega sopra FI. Ma nemmeno uno che desse uno solo di questi dati. Non male…
ps 2
La legge elettorale si è dimostrata per quello che si sapeva – e ricordiamoci che questo governo ci ha pure posto più volte la fiducia: un capolavoro di imbecillità. Non solo si è ritorta contro chi l’aveva architettata pensando di favorire i suoi interessi, ma ha raggiunto effetti che da nessuna parte in Europa si sono mai visti.